Cristo velato: l’imperdibile capolavoro di Napoli

Cristo Velato, Cappella Sansevero
Cristo velato, Giuseppe Sammartino

«Vorrei vedere il Cristo velato»: è la frase che più sentiamo ripetere da chi sta progettando un viaggio a Napoli. Il nome di questa opera straordinaria è più famoso dello stesso sito in cui è esposta e riuscire a procurarsi un biglietto è diventata quasi un’impresa in certe date. Ma cos’è che affascina tanto? Cosa avrà mai quest’opera in più delle altre? Scopriamolo insieme.

La Cappella Sansevero

Paradiso dei di Sangro, volta della Cappella Sansevero.

Costruita sul finire del Seicento e completamente ridecorata a partire dagli anni ’40 del Settecento, la Cappella Sansevero oggi è uno scrigno di opere d’arte di inestimabile valore. Una cappella di famiglia in cui sono seppelliti i principi di Sangro e le rispettive mogli, rimodellata dal genio di Raimondo di Sangro, VII principe di Sansevero. Un uomo profondamente colto ed raffinato, dotato di grande curiosità, appassionato di scienza ed alchimia, massone particolarmente attivo ed inventore: fu per questa cappella un mecenate esigentissimo che guidò i lavori passo passo, dal progetto alla realizzazione.

Da un lato la celebrazione dei suoi antenati, dall’altro la realizzazione di un tempio massonico: sono queste le idee che stanno alla base del programma iconografico. La volta diventa il Paradiso dei di Sangro, caratterizzata da uno sfondamento prospettico di grande effetto teatrale. L’artista usò un preparato inventato da Raimondo che rende i colori vivi e brillanti, che dopo 250 anni non mostrano nessun tipo di alterazione cromatica. Le statue delle varie tombe omaggiano il defunto e diventano il pretesto per illuminare il cammino agli iniziati massonici, indicando le virtù da perseguire per il raggiungimento della perfezione. Un progetto complesso che sarebbe culminato nella realizzazione di una sorta di cripta dove poter ammirare un Cristo deposto.

Il Cristo velato: il capolavoro

Cristo Velato, particolare.

L’opera fu commissionata ad Antonio Corradini, l’artista che aveva affiancato Raimondo nella progettazione dell’intera decorazione. Non fa in tempo a terminare il bozzetto che sopraggiunge la morte e il principe di Sangro contatta il giovane Giuseppe Sammartino. Aveva appena 33 anni quando si ritrovò a scolpire il corpo di un suo coetaneo, ironia della sorte. Di stampo tardo barocco, il suo stile si discosta dalla lezione neoclassica del Corradini che mira alla resa idealistica del Cristo avvolto dal sudario. Sammartino rappresenta una versione drammatica, un corpo straziato che porta con se i segni delle torture e il velo che increspandosi, li avvolge e li risalta. Un velo che copre ma non nasconde, piuttosto esalta la sofferenza. La vena sulla fronte ancora gonfia e la tensione delle gambe raccontano di quell’ultimo respiro nel tormento esalato prima che la morte giunga a liberarlo.

Una scultura che lascia tutti a bocca aperta, un velo che sembra bagnato ed è talmente realistico da lasciar pensare che si trattasse del frutto di una magia. Un tempo si raccontava che Raimondo avesse inventato una sostanza capace di marmorizzare un vero lenzuolo. Pura fantasia dettata dallo straordinario talento di Giuseppe Sammartino e dai suoi studi approfonditi, apprezzati ed invidiati anche da Antonio Canova.

Oltre il Cristo velato

Il Cristo si trova al centro della Cappella e quando si entra inevitabilmente lo sguardo ne è catturato. La sua bellezza spesso finisce per offuscare altre sculture di straordinaria fattura. La Pudicizia è la prima che si nota per la presenza di un velo che copre una donna ed il paragone è immediato. Antonio Corradini è l’autore che descrive con grazia ed eleganza la virtù in cui Raimondo identifica la madre. Un linguaggio diverso che mira all’idealizzazione delle forme, ideologia puramente neoclassica. Poco distante la Soavità del giogo coniugale che trasforma uno strumento di sottomissione (il giogo) nel simbolo della dolce obbedienza tra moglie e marito. Più in là l’Amor divino che con estrema semplicità traduce in purezza delle forme il sentimento religioso.

Disinganno, Francesco Queirolo.

Ma ce né una che più di tutte sorprende ed affascina quasi quanto il Cristo velato: il Disinganno. Un unico blocco di marmo in cui Francesco Queirolo scolpisce un uomo che si libera dalla rete del peccato. Una rete che desta stupore al punto che negli anni ’40 qualcuno la ruppe di proposito, per provare che si trattasse di una rete vera ricoperta di gesso. Si accorsero subito dell’errore e l’incredulità di chi oggi la ammira tende quasi a giustificare tale gesto. L’artista fu capace di scolpire alla perfezione il corpo dell’uomo anche attraverso le maglie.

Insomma, non si può descrivere in breve la meraviglia che vi si apre davanti agli occhi quando si varca la soglia della Cappella Sansevero. Il Cristo velato è solo un tassello, il più suggestivo, ma una piccola parte di un mondo complesso racchiuso nella geniale mente di Raimondo di Sangro. Se hai voglia di saperne di più contattaci per una visita guidata e saremo liete di raccontarvi ogni dettaglio.