Ferdinando II di Borbone, il re «industriale»

I Borbone regnarono sul meridione dal 1734 all’unità d’Italia. I sovrani più longevi ed incisivi sulle sorti del regno furono Carlo, Ferdinando I e Ferdinando II. I due Francesco non ebbero il tempo materiale per avere un forte impatto. Tra tutti Ferdinando II di Borbone fu quello più incisivo dal punto di vista industriale.

Ritratto di Ferdinando II di Borbone

La politica dei Borbone mirava a risollevare l’economia del regno e portarlo agli stessi livelli delle potenze europee. In questo contesto Carlo e Ferdinando I non persero mai di vista l’aspetto culturale. Infatti commissionarono numerose opere d’arte e scavi archeologici; finanziarono la costruzione di monumenti che miravano sia ad aumentare i loro confort sia ad abbellire la capitale o i luoghi a loro cari.

Ferdinando II era un uomo molto concreto e meno raffinato dei suoi avi e tali caratteristiche furono evidenti nella sua politica. Sotto la sua direzione il regno di Napoli conobbe rivoluzione industriale.

Lo sviluppo industriale avviato da Ferdinando II di Borbone

Ferdinando II di Borbone non vuole più dipendere più dalle potenze straniere. Attuò diverse iniziative politiche volte ad incentivare la crescita delle industrie locali, proteggendole e favorendone la crescita. Il mercato restava aperto alle imprese estere, ma potevano concorrere solo a crescita avvenuta di quelle locali.

Nave-scuola Amerigo Vespucci

Ferdinando II di Borbone si concentrò in particolare sull’industria «pesante». Per iniziare diede un forte impulso alla produzione del Regio Arsenale di Castellamare di Stabia che era già attivo dall’epoca di suo nonno. Sotto il suo regno videro la luce il primo piroscafo da crociera, la Francesco I e il veliero a motore Monarca. Oggi possiamo ancora vedere com’era quest’ultima: dai suoi disegni nel 1931 fu ricavata la gemella nave-scuola che tutti ancora oggi ammiriamo, l’Amerigo Vespucci.

Alcuni modelli delle navi realizzate oggi sono esposti nella sezione navale della Certosa di S. Martino a Napoli.

Real Opificio di Pietrarsa di Ferdinando II di Borbone

Grandi successi si ottennero in campo siderurgico a partire dal 1832, quando Ferdinando II di Borbone fece inaugurare il Real Opificio di Pietrarsa. Qui si producevano motori a vapore per le navi, cannoni, granate, carri-merci, foratrici e spianatrici, torni e telegrafi. Insomma la produzione era davvero molto varia.

Museo di Pietrarsa, Napoli, locomotiva Bayard

A S. Giovanni a Teduccio si producevano anche locomotive, rotaie e ruote. L’opificio di Pietrarsa permise al Regno delle due Sicilie di inaugurare nel 1939 il primo tratto ferroviario della penisola. La tratta collegava Napoli e Portici ed era solo un piccolo pezzo di un progetto molto più ampio. La rete ferroviaria doveva avere due linee, una sul versante tirrenico e l’altra su quello adriatico. Certo, la realizzazione procedeva a rilento per non gravare troppo sulle casse statali. Ma ottenere un primato in quest’ambito significava rendersi il punto di riferimento per quei paesi che non potevano contare sul trasporto marittimo, come il Piemonte.

Non solo Napoli

Intorno alla produzione di Pietrarsa ruotavano anche il Villaggio siderurgico di Mongiana in Calabria e le Reali Ferriere. Molte delle materie prime venivano qui lavorate e spedite a Napoli. Le Reali Ferrerie non solo contribuirono alla realizzazione della tratta ferroviaria, ma vi si produssero anche il Ponte Ferdinando sul Garigliano e il ponte Cristina di Borbone sul Calore. Dislocare le produzioni significa distribuire benefici economici e creare impiego anche in altre zone del regno.

Sempre a Ferdinando II di Borbone si deve l’incremento dell’estrazione di zolfo in Sicilia. L’elemento era indispensabile per i derivati impiegati nell’industria e nell’agricoltura. Inoltre era usato per la produzione di polvere da sparo ed il re riuscì ad imporsi nel mercato a livello mondiale.

La pasta di Ferdinando II di Borbone

Spaghetti IGP Gragnano

Oltre all’industria pesante il re, da tutti ritenuto una «buona forchetta», il 12 luglio 1845 concesse ai pastifici di Gragnano il privilegio di fornire la corte. La tradizione della pasta è ben più antica dell’epoca borbonica e durante il Cinquecento divenne una delle produzioni più importanti dei Monti Lattari. Durante il XVII secolo la crisi economica lo rese uno dei cibi per il suo costo e per le proprietà nutritive.

Le attività della città di Gragnano iniziarono a ruotare tutte intorno alla produzione della pasta. Con la diffusione della pasta secca anche le strade del paese si adattarono alla necessità produttiva. Per la fase di essiccamento la pasta si stendeva lungo le strade e nelle piazze della cittadina. La vicinanza con il mare permetteva di seccare la pasta con la brezza marina e per tale ragione le autorità decisero di impedire che gli edifici divenissero troppo alti. In tal modo si tutelava la qualità del prodotto, fonte di sostentamento principale per il 90% delle famiglie locali.

E dopo l’Unità d’Italia?

Il processo avviato da Ferdinando II Borbone non rese il regno di Napoli il polo industriale della penisola. Il regno era ancora fortemente legato alla produzione agricola che talvolta era caratterizzata da una certa arretratezza. Il merito di Ferdinando II è di aver incentivato lo sviluppo industriale che senza l’unità d’Italia avrebbe potuto rendere il Meridione motore economico della penisola.

Purtroppo la politica post-unitaria che incentivò lo sviluppo delle industrie del nord a discapito di quelle meridionali interruppe bruscamente lo sviluppo. Le fabbriche borboniche vennero chiuse o ridimensionate e, purtroppo, anche in questo caso Pietrarsa registra un primato, questa volta triste: prime vittime di scioperi operai. Nel 1863 gli operai scioperarono per la riduzione di personale, salario e commesse. Le forze dell’ordine fecero fuoco colpendoli alle spalle uccidendo alcuni di loro.

E pensare che subito dopo il 1861 i politici italiani iniziarono a parlare di «questione meridionale» alludendo ai problemi socio-economici che loro stessi avevano creato.