Come già detto nel nostro articolo precedente, quando Carlo di Borbone arriva a Napoli attuò una politica volta a risollevare il suo regno dalla miseria in cui versava. Il re intraprese diverse iniziative per promuovere lo sviluppo economico ed artistico. Una delle iniziative più importanti è la fabbrica di porcellana di Capodimonte.
Real fabbrica di Porcellane di Capodimonte
La manifattura reale più famosa legata alla corona borbonica fu la Real Fabbrica di Porcellane. Nacque dall’ammirazione che Carlo aveva per alcune opere che Maria Amalia portava in dote.
Le porcellane della regina provenivano dalla prima fabbrica europea che dal 1710 ottenne grande fama: la manifattura di Meissen. Nel 1709 fu scoperto a Dresda il caolino puro che, dopo varie sperimentazioni, permise di mettere a punto la ricetta della ceramica a pasta dura. La ricetta rimase segreta, ma Maria Amalia era nipote del Re di Polonia Augusto II il Forte. Per tale ragione riuscì a portare il segreto di stato a Napoli. L’amore che i due sposini avevano per questo prodotto li spinse a voler creare un prodotto locale. In breve quella napoletana fu in grado di poter competere con le ceramiche europee.
La ricetta segreta
Restava solo un “piccolo problemino”: in tutto il regno di Napoli non esisteva il caolino puro. Il segretario di stato José Joaquin Guzman de Montealegre avviò le ricerche. Arrivarono a Napoli campioni di rocce, pietre e argille da ogni città del regno. Corteggiò i migliori alchimisti e artigiani dei migliori laboratori europei e alla fine Carlo e Maria Amalia ci riuscirono. Il chimico belga Livio Vittorio Schepers mise a punto una ricetta che prevedeva l’uso di argille che contenevano caolino creando la porcellana a pasta morbida. Il pittore Giovanni Caselli fece esperimenti per l’uso dei colori e suo figlio Gaetano li perfezionò. Tutto era pronto, mancava soltanto il luogo di produzione. L’architetto Guglielmo Sanfelice riadattò la palazzina destinata agli alloggi della Guardia Maggiore a Capodimonte. A partire dal 1743 la manifattura reale avviò una produzione che in breve tempo estese la sua fama in tutta Europa.
Una delle opere più ambiziose mai realizzate dalla fabbrica è il salottino interamente rivestito di porcellana. La regina lo commissionò per la sua reggia di Portici e successivamente trasferito in quella di Capodimonte, dove è tutt’ora visibile.
La fine della produzione di Capodimonte
La fabbrica di Capodimonte rimase attiva fino al 1759. Quando Carlo e Maria Amalia partirono per la Spagna portarono via attrezzature, artisti ed artigiani. Tentarono così di mettere in piedi la produzione nel Buen Retiro di Madrid, ma il progetto non ebbe buon esito. Ferdinando IV cercò di riportar in auge la produzione napoletana ed in parte ci riuscì fino all’arrivo dei francesi.
La ripresa delle produzioni del periodo post napoleonico avvenne per mano di famiglie private. Queste hanno continuato a tramandare l’arte della porcellana fino ai nostri giorni. Il fiore all’occhiello delle manifatture reali dei Borbone è tutt’oggi uno dei prodotti d’eccellenza del meridione.
L’impatto economico delle manifatture reali
Non era un semplice capriccio reale: la porcellana aveva in pochi anni conquistato l’élite di tutto il continente; alcune corti europee grazie a queste produzioni di lusso avevano aggiunto lustro alla loro politica. La domanda era alta e Carlo s’inserì in un mercato proficuo. Non si limitò ad imitare i prodotti esteri ed ampliarne la tiratura. La ceramica napoletana aveva caratteristiche ben diverse da quella europea e Borbone offrivano un’alternativa. Inoltre in breve crearono posti di lavoro, formazione artistica ed artigianale e misero in moto l’economia locale anche delle fasce di popolazione meno abbienti.
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