A volte le storie vere sono molto più avvincenti di quelle inventate. E’ il caso dell’avventurosa conquista del Regno di Napoli da parte di Alfonso d’Aragona.
Renato d’Angiò e Alfonso d’Aragona: i candidati al trono
Il Regno di Napoli fu governato dal 1414 al 1435 da una donna, la regina Giovanna II, appartenente alla dinastia dei Durazzo- d’Angiò. Giovanna non ebbe figli e dopo la sua morte, iniziò un duro conflitto tra Renato d’Angiò e Alfonso d’Aragona, entrambi designati, in tempi diversi, come successori al trono di Napoli. Giovanna dopo la morte del secondo marito ebbe tantissimi amanti che l’aiutarono nell’amministrazione del Regno. Il più importante fu Sergianni Caracciolo, un uomo molto ambizioso e malvisto dai baroni che ostacolarono la sua ascesa al potere e favoreggiarono, per la successione al trono, il francese Luigi III d’Angiò. Giovanna, scoperto il complotto, chiese aiuto allo spagnolo Alfonso d’Aragona e per evitare altri problemi lo nomino suo erede. Ma dopo soli due anni la regina cambiò idea favorendo questa volta Luigi III d’Angiò. Alfonso reagì con la forza, assediò Napoli e tentò, invano, di catturare la regina. A seguito di questa prima battaglia, vinta da Alfonso, ci furono anni di scontri ed il regno passo di volta in volta nelle mani degli Aragonesi e degli Angioini fino alla lotta finale.
Un passaggio segreto cambia le sorti del Regno
Le sorti del Regno cambiarono a seguito dell’incontro tra Alfonso d’Aragona e due fratelli, Aniello e Roberto. Uomini molto semplici, muratori di mestiere e napoletani d’origine, i due informarono il re della possibilità di penetrare in città tramite l’antico acquedotto. Questo passaggio segreto fu già utilizzato con successo nel 536 da Belisario, durante la guerra gotica. I due fratelli conoscevano bene tutti i sotterranei e si offrirono di guidare l’esercito aragonese. Entrati in città avrebbero poi dato un segnale al re, pronto per l’assalto finale. Il piano, studiato nel minimo dettaglio, non andò come previsto. Roberto d’Angiò, fu avvisato da una spia e per ostacolare l’impresa fece montare grossi cancelli nell’acquedotto. A causa di questa complicazione, il segnale tardò ad arrivare, e Alfonso, convinto che il piano fosse fallito, ritirò il suo esercito. Dopo poco, il plotone catalano guidato dai due muratori riuscì ad entrare in città, nei pressi di porta di Santa Sofia, detta oggi porta Capuana. Sbucati all’interno di un cortile di una casa, si apprestarono rapidamente a raggiungere le mura della città e, senza grossi problemi, riuscirono a porre lo stendardo aragonese su una torre.
La vittoria definitiva
Una serie di eventi fortunati aiutò gli Aragonesi a completare l’assalto della città. Trecento soldati genovesi, che sorvegliavano Porta San Gennaro, temendo l’arrivo imminente degli aragonesi, scapparono via, lasciando la porta indifesa. L’esercito di Alfonso fu avvisato della fuga dei genovesi da un gruppo di monache, che vivevano nel convento nei pressi di porta san Gennaro. A quel punto per gli Angioini non restò più alcuna possibilità che quella di ritirarsi. Il giorno seguente l’assedio, Renato d’Angiò partì, lasciando il trono al nuovo re Alfonso d’Aragona.
A distanza di alcuni mesi per celebrare la sua conquista, Alfonso organizzò un fastoso ingresso in città, sulla scia dei festeggiamenti fatti nell’antica Roma. Il re, seduto su trono con baldacchino, trainato da cavalli e accompagnato dalla corte, entrò trionfalmente a Napoli, acclamato dalla folla. L’evento fu immortalato da abili scultori, nell’arco di trionfo, fatto realizzare dalla stesso Alfonso e posizionato all’ingresso del Maschio Angioino. Quell’arco che ancora si erge in tutto il suo splendore ci fa rivivere oggi la romanzesca ascesa al trono della casata di Alfonso.
Riferimenti